dicembre 2005                                                                                          

TITOLO EVENTO:

 

 

o5.o6   rassegna di arte contemporanea 

 

 

 

 

Domenica 18 dicembre 2005, alle 12, presso il nuovo Centro Civico di via Trieste 35 a Cervignano del Friuli,

Udine, sarà inaugurata la seconda edizione della Rassegna di arte contemporanea dal titolo "o5.o6".

La Rassegna è promossa dal Circolo ARCI e dall’Assessorato alla Cultura di Cervignano del Friuli e rimarrà aperta al pubblico fino al 18 gennaio 2006.

All’esposizione, curata da Orietta Masin con la collaborazione di Alessandro Dose, partecipano dieci artisti che operano nella nostra Regione da diversi anni.

Com’è stabilito dal carattere stesso della Rassegna, non è stato assegnato alcun vincolo tematico o di tendenza: gli artisti rappresentano le diverse e molteplici energie che caratterizzano l’arte d’oggi, in uno scenario “contaminato” che solo ad uno sguardo superficiale potrebbe apparire frammentario o contraddittorio. 

 

 

Artisti invitati:  

 

Vittorio Balcone (Gorizia) Michele Bazzana  (Codroipo, Udine) Rossana Beccari  (Contovello, Trieste) Claudia Bortolato  (Udine) Leonardo Calvo  (Costa Rica/Trieste) Maria Grazia Collini  (Reana del Rojale, Udine) Guerrino Dirindin  (Pordenone) Fabiola Faidiga  (Trieste) Miloš Komadina  (Serbia/Latisana, Udine) Stephanie Poli  (Svizzera/Martignacco, Udine)

 

 

 

Gli spazi interessati dalla rassegna saranno diversi e distribuiti in vari punti della città, in modo da intrecciarsi al vivere quotidiano delle persone: si va dal Palazzo Municipale al Teatro Pasolini, dal Parco Europa Unita alla Zona del Porto.

 

 

La Rassegna sarà presentata dalla critica d’arte Franca Marri.

  

 

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 o5.o6 rassegna di arte contemporanea     di Franca Marri

 

 

 

Vestire lo spazio pubblico di arte contemporanea significa proporre anche ad un pubblico che non è interessato, che non ne va in cerca, delle forme espressive che proprio per la loro collocazione inattesa, non istituzionalizzata, devono cercare di catturare l’attenzione di chi vi passa davanti magari con un primo aggancio ironico, un’apparenza ludica, o anche provocando curiosità e sorpresa. Di fronte all’inusualità di una presenza, all’estraneità di una pura forma astratta, il fortuito spettatore si potrà soffermare dapprima con un’occhiata superficiale, per venir quindi attratto dentro l’opera, dentro il problema, il pensiero che si vuole trattare, su cui si vuole riflettere e far riflettere. Un po’ l’opposto del lavoro di chi scrive: che deve svelare prima ciò di cui si discute e poi far scorrere le immagini delle singole creazioni artistiche.Gli artisti invitati quest’anno alla rassegna curata da Orietta Masin sono molto diversi per formazione e mezzi espressivi, ma sicuramente ciascuno di loro riesce ad attrarre dentro la propria opera l’abituale frequentatore di arte contemporanea come il passante casuale, suscitando emozioni differenti in virtù e in forza dei molteplici piani di lettura cui si presta la sua creazione e, di conseguenza, delle varie possibilità di fruizione. C’è  infatti chi muove da uno spunto d’ironia, chi sembra invitare al gioco o all’inizio di una storia, chi affascina attraverso la semplicità dei materiali utilizzati o la pura bellezza delle sue forme.

 

I gatti di Fabiola Faidiga invadono pacificamente il palazzo municipale con la loro grazia e la loro ironia: stanno sui balconi delle finestre, sui gradini delle scale. La leggerezza del loro aspetto cattura lo sguardo dello spettatore che solo in un secondo momento rimane turbato dalla loro immobilità e dal loro biancore che li assimila ad un monumento funerario, quale estremo omaggio in nome di un affetto talvolta esagerato, esclusivo, distorto.

 

Nello spazio del teatro Claudia Bortolato propone una serie di fotografie in sequenza progressiva che raccontano un disvelamento, un corpo nascosto che a tratti rivela la sua nudità, la sua morbidezza, il suo segreto. Un corpo che si scopre nella sua diversità a seconda dell’inquadratura e della posa, descrivendo la storia di una mutazione, evocando il senso ed il fascino del mistero, suggerendo il desiderio di andare al di là delle apparenze.

 

Guerrino Dirindin che nei suoi ultimi lavori mostra di prediligere la terra quale materiale da plasmare, formare, costruire, usare per la sua espressione artistica, questa volta si è confrontato con un altro elemento primario, quello dell’acqua, attraverso un differente materiale ‘povero’, naturale. Il motivo dell’onda che aspira a ricongiungersi con l’acqua viene infatti realizzato in legno, quasi fosse una barca (affettuoso omaggio alla tradizione familiare di costruttori), quasi in forma di poesia (dai versi unici come le onde del mare). 

 

Un’impossibilità, un desiderio negato, un sogno imprigionato vengono espressi dall’aquilone di Stephanie Poli dove il soggetto viene contraddetto dal materiale scelto per la sua realizzazione. L’aspetto ludico e la leggerezza solitamente propri dell’aquilone vengono negati da un’irrimediabile pesantezza e dall’immobilità: una finestrella circolare con le sbarre, cifra ricorrente nei lavori dell’artista, riassume emblematicamente l’impossibilità di volare, ad ulteriore riprova della condizione di costrizione.

 

Miloš Komadina trae ispirazione dal momento che abbraccia la rassegna, ovvero il periodo natalizio: nella sua opera intitolata Minuetto un babbo natale armato è il protagonista insolito di un presepe galleggiante che alla sottile ironia unisce il rovescio allarmante della realtà contemporanea segnata dalle guerre e governata dal mercato delle armi. Una danza che risale al settecento riveste il ruolo di metafora per un teatrino in cui tutti si muovono allo stesso modo evitando un contatto troppo coinvolgente.

 

Un’ironia dai risvolti inquietanti è pure testimoniata dall’opera di Rossana Beccari che propone per la rassegna una serie di “cartelli-avvertimento” realizzati in marmo di Lasa in cui il messaggio provoca sorpresa e spiazzamento. Una grafica essenziale e immediata creata sul materiale più nobile della scultura mette in guardia allo stesso modo chi si trova a passeggiare nel parco sulla possibilità di trovarsi di fronte ad un’animata discussione, ad un uomo esibizionista o ad una persona felice.

 

Michele Bazzana già autore di singolari e originali parafrasi di moderne tecnologie, per il parco di Cervignano ha pensato ad un’opera che ha il ricordo di un gioco di bambino: un telefono con i fili. Ma la nostalgia per una parentesi di un tempo trascorso lascia subito il posto ad un invito contingente che potrebbe suonare anche come monito, rivolto allo spettatore, a comunicare laddove la comunicazione manca, o è imprecisa, carente, confusa, fraintendibile, non spontanea.

 

L’aspetto ludico e colorato dell’installazione di Leonardo Calvo viene parzialmente rettificato dal fondamento contenutistico che l’artista ha inteso conferire alla sua creazione incentrata sul concetto del sapere e della conoscenza. Una specie di fantasiosa torre di babele che nella sua spinta verticale sta a significare l’evoluzione della conoscenza nell’incontro con l’esperienza alludendo alla contaminazione tra sapere e pratica.

 

Le creazioni di Vittorio Balcone contrappongono alle forme naturali in cui vengono collocate le geometrie astratte concepite dal suo pensiero. Geometrie essenziali e insieme ancestrali che si alternano e si evolvono in maniera sapiente e raffinata in una dialettica tra pieno e vuoto dove la materia dialoga con lo spazio e le forme ritagliate hanno lo stesso peso di quelle piene. Ne scaturisce un andamento ritmico-musicale che varia a seconda del materiale o del colore applicato, come il timbro di strumenti diversi.

 

Una tensione tra positivo e negativo, è altresì testimoniata dall’opera di Maria Grazia Collini che sulla complementarietà degli opposti gioca l’intera concezione quale rappresentazione traslata della vita perennemente sospesa tra finito e non finito, aperto e chiuso, femminile e maschile, bianco e nero. Quasi un teatrino di forme legate da un medesimo filo, che paiono attrarsi e respingersi allo stesso tempo, richiamandosi a distanza, trovando nel proprio contrario la ragione del loro essere.

 

 

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dal catalogo “o5.o6 rassegna di arte contemporanea